La requie
Sono tornato dall'Umbria una decina di giorni fa e solo ora sono avvolto dal silenzio. Penso. Mi muovo nel mio piccolo spazio. Mi godo il poco che ho. Ho deciso che questa pagina non avrà musica, perché l'unico suono che intendo ascoltare è quello dei tasti del mio computer. Ho scritto molto, in questo periodo. Ho fatto molto e ora accuso un senso di stanchezza, dovuto alla intensità del prendermi cura dei miei cari. La vita fluisce, nelle pieghe della quotidianità ed io mi avvicino al risultato di aver cesellato il mio romanzo. Ancora pochi giorni e la correzione sarà finita. Mi piace pensare di aver scalato una montagna fatta di parole, ogni giorno, compresi i momenti di vuoto in cui non riuscivo a comporre nulla. È stata una estate densa di avvenimenti, che mi hanno fatto assumere responsabilità da uomo, cui sapevo di essere chiamato, prima o poi. È un periodo in cui navigo a vista, consapevole del fatto che, in potenza, ogni ventiquattro ore potrebbe accadere qualcosa che richieda il mio intervento. Non amo la precarietà. Nessuno può amarla, ma mi sto abituando all'idea che ci si debba alzare un giorno all'improvviso, ricevere una telefonata e prendere il primo treno disponibile verso la terra dei propri cari. È andata così, da maggio a settembre e credo che questa sia una nuova realtà di cui tener conto, che generi in me una architettura di pensiero più matura. Non so come, ma ho operato scelte importanti. Al momento, in quei frangenti, non ne avevo la forza, ma l'ho trovata, nei meandri del mio cervello. Ho continuato a scrivere e comporre. Sono giunto alla mia sedicesima Sinfonia, che celebra il mio romanzo. Credo di aver fatto tutto al meglio. Con amore, di sicuro. Dedizione per le persone che amo. Ci sono istanti in cui c'è poco da riflettere, occorre agire, nonostante si avverta lo sforzo e si senta di non potercela fare. Io ho dato molto. Ho tenuto dritto il timone nella tempesta ed ora posso dire di aver fatto qualcosa di buono. La scrittura, in questo processo, non mi ha mai abbandonato. Ho trovato essenziale poter sublimare le mie emozioni in un codice artistico che mi appartenesse. Nulla, prima dell'avvento di alcuni accadimenti, lasciava presagire che ci fosse bisogno di un mio intervento. Mi sono mosso con cautela. Stando attento alle esigenze di tutti, ho provato ad immaginare delle soluzioni. Un destino avverso, però, agiva in modo tale che, quando trovavo alcuni spiragli, si guastavano altre due, tre cose, in una spirale mostruosa, che non mi lasciava scampo. Ho dovuto far appello alla mia calma, lavorando pazientemente nella vigna che immaginavo florida. Col tempo, le cose hanno iniziato a collocarsi in una visione d'insieme che narrasse la storia di possibilità di una madre che, dopo aver lottato tanto, potesse godersi la sua meritata requie, in una condizione di maturità e saggezza. Queste parole sono per lei, che mi ha portato nove mesi nel suo grembo e che era giusto non soccombesse. Solo adesso nell'assenza di suoni, la ricordo ridere, con quel suo bel suono rotondo. È stata dura. Ancora non mi capacito di come io abbia fatto a far fronte a tutto, in un processo che vedeva il moltiplicarsi delle avversità ad ogni ora. Non ho mai smesso di scrivere, nel frattempo. Ho lasciato crogiolare in me i fatti che si andavano snodando lungo le giornate. Sono diventato uomo, durante l'ascesa e ho potuto ammirare la bontà delle scelte operate. Ora sono io che guido la carrozzina nella quale mia madre si adagia, lieta di poter andare in piazza a bere un buon caffè. Il ciclo vitale si rinnova. Tanti anni fa era lei a trainare il passeggino da cui osservavo il mondo. Ora la bambina, per certi versi, è lei e ne ha la grazia e la fragilità. Difficilmente scorderò questa estate, penso di poterlo dire con cognizione di causa. La vita mi ha chiesto un salto di qualità ed io, come potevo, ho provato a rispondere all'appello. Nel romanzo, il protagonista sa di avere delle risorse con cui affrontare un futuro che non conosce, nella speranza di non soccombere, perché individuo dotato di capacità d'analisi ed equilibrio. In questi ultimi cinque mesi, c'era, nella mia bocca, una nota aspra, dura, che non mi abbandonava mai. Un senso di amaro, con cui ho dovuto imparare a convivere. C'era una lingua d'asfalto da cui osservavo la sorte degli uomini. Un sole maestoso che bruciava i miei piedi, avvolti dai sandali che mi hanno tenuto compagnia in quel viaggio. C'era un bollettino di guerra giornaliero, che comunicava le cose buone che si erano manifestate e quelle cattive ancora da correggere. Mia madre non è più a casa sua. È in una residenza protetta da qualche mese e si sta abituando alle regole comunitarie, sebbene abbia nostalgia della propria abitazione, nella quale godeva di indipendenza. È stata una donna forte per tutta la sua vita ed ora ha bisogno di cure ed attenzioni. È stato un lungo percorso, nel quale, sia io che lei, abbiamo avuto una sete inestinguibile di bene. Non mi era permesso vacillare. Dovevo essere forte. Dovevo operare delle scelte importanti. Dovevo poter giubilare, nel piccolo di un momento di pace, davanti ad una pasta ed un caffè. Ho riscoperto, sebbene ne fossi consapevole, la bontà del poco. Di ciò che è sparuto. Minuto. La mia arte, in fondo, nasce da piccole cose, che comunicano un senso profondo di appartenenza al genere umano. Queste righe sono la conclusione di un percorso durato 5 mesi, che, nei suoi nodi cruciali, mi ha permesso di riflettere sulla mia nuova condizione di essere umano. Dovevo far fronte a tutto e l'ho fatto meglio che potessi. Dovevo prendermi cura di mia madre e solo i pochi cari sanno con quanta positività mi svegliassi la mattina, sorridendo allo specchio, mentre mi lavavo. Dovevo ricoprire nuove vesti ufficiali e l'ho fatto con tutto il senso di responsabilità di cui fossi dotato. Ora è tempo di dedicarsi alle piccole cose. Le grandi dinamiche progrediranno da sole, restando io vigile, pronto all'intervento. Ho realizzato che in fondo la vita sia proprio questo: muoversi fra i grandi eventi con attenzione, coltivando la soddisfazione di avere una tazzina da caffè lavata e pronta per la colazione seguente. Credo che non si possa fare altro. Sento di essere stato bravo. Ho fatto tutto con il mio stile. Ci sono stati vari frangenti, a casa di mia madre, in cui ho proprio avvertito il peso delle azioni che potevo svolgere solo io, ma non ho mai disperato. Ho continuato a pensare che, con calma e pazienza, tutto si sarebbe rimesso a posto, magari in un assetto formale nuovo. Ho sperato che queste realtà di crescita potessero confluire nella mia scrittura, che ora sento più matura, come l'uomo che la crea. Sento di aver affrontato una prova e di essere cresciuto. Non è stato facile, però, questo lo devo dire per onestà. Nel romanzo, descrivo le tempeste e una tempesta ho attraversato. Ma se si tiene presente l'obiettivo, se si intende giungere ad un lido ameno, con le proprie risorse, la propria calma, allora si può tornare ad essere leggeri. Propositivi. Gai. La mia scrittura intende comunicare, a livello di contenuti, la possibilità di una gioia collettiva, che, in potenza, può riguardare tutti, nessuno escluso. Io credo nell'universalità del concetto di realizzazione. Siamo chiamati ad essere felici, tutti insieme. In fondo, siamo un'unica grande tribù. Dovremmo ricordarcene, quando intercettiamo l'altro, che è dotato dello stesso nostro alfabeto interno. Questa esperienza di mia madre mi ha insegnato cose che vedrò nitidamente solo in un futuro prossimo. Essere forti per tutti, quando ogni cosa vacilla, è stata una occasione di crescita formidabile. Forse non l'avrei voluta così arcigna, ma tant'è: non si possono scegliere gli eventi. Mia madre avrebbe vissuto una rapida eclissi definitiva, se non si fossero adottate le giuste misure ed io ero lì, con la mia identità di giovane uomo, i miei sogni, la mia visione di un avvenire possibile che fosse bello. Sento che tutte queste riflessioni siano confluite nella mia arte. Ne sono conscio. "Occorre portare la vita nell'arte, non viceversa" diceva sempre un mio maestro ed aveva ragione. Tornavo a casa, in quelle giornate di canicola, dopo aver osservato gli uliveti dalla corriera, mi rinfrescavo e pensavo subito a cosa comporre. Mi ritraevo quel silenzio atto a pensare. Godevo della gioia di poter stare tutto solo davanti ai miei fogli immacolati. Ora quei tempi sono andati. Il furore ha ceduto il passo a piccole azioni quotidiane da fare nel rispetto di quella nuova architettura generale che si è creata lentamente, risolvendo un problema alla volta. No, io non so come abbia fatto. A tratti, la mia sembrava una fatica di Sisifo... È proprio vero che, nel momento della prova, attingi, dentro di te, a risorse che neanche sapevi di avere. Questa pagina intende essere una testimonianza. Ci si riesce. Si torna a respirare. Si può star bene. Inevitabilmente, la tempesta ci squassa, è naturale, sarebbe strano il contrario, ma non si deve perdere di vista il traguardo, che, per quanto venga celato dalle forze in atto, è sempre un metro dopo il primo raggio di sole che penetra nella nostra stanza, quando ci alziamo una mattina senza più l'incombente senso di precarietà e pericolo. Solo allora possiamo esperire un tempo nuovo. Le prove, nella vita, non finiranno mai. Occorre però stabilire quanto siano rigogliose le nostre risorse. Io ero solo in Umbria. Potevo far affidamento sui miei cari, ma, alla fine, non c'era nessuno che potesse fare le cose cui ero chiamato al posto mio. Non ho però mai abbandonato la speranza. Ho pensato: "Farò il mio meglio, il resto non dipende da me!". Solo ora mi godo la mia requie. Non ho mai cessato di pensare a quanto sarebbe stato bello riabbracciare la mia compagna, che mi attendeva. Mi sono goduto, con la massima intensità, i momenti di scambio con mio figlio. Ho usato il raziocinio. Tutte le cose andavano messe in ordine. C'erano delle priorità da stabilire. Non si poteva lasciare nulla al caso. Ora sono nella mia piccola casa, fra gli oggetti che mi sono cari e cui conferisco la capacità di farmi stare bene. Io l'ho voluta fortemente questa mia vita, fra diesis e lemmi da immortalare in pagine sudate di introspezione e speranza. Io mi sono posto nella condizione di desiderarla questa grande prateria di emozioni che diventano segni. Non vorrei essere qualcun altro. Non invidio nessuno. Mi auguro che queste parole possano fare da specchio a chi le vorrà sentire autentiche. Sono fiero del sentiero che ho intrapreso, fra chiarezza e rifiuto dell'idiozia. Bramo che la mia arte sia cristallina. Un codice nuovo. La descrizione di una possibilità cui tutti sono chiamati, in un percorso che va dalla tenebra alla percezione della luce. La grande verità è che si possa stare sempre meglio, operate le adeguate scelte, in noi e nei nostri rapporti. La vita si rinnova ad ogni aurora. Ogni giorno la bellezza entra in casa nostra. Occorre accoglierla. Ascoltare la sua storia. Lasciarsi sedurre. In questi 5 mesi, a sorreggermi, oltre all'affetto dei cari, sono state tante piccole cose, che vedevo intorno a me. I primi nuovi sorrisi di mia madre, gli abbracci di mio figlio, il modo in cui un raggio di sole illuminava la fotografia di mio padre e quel pianoforte sempre aperto con il leggio che ospitava i miei fogli, composti con sorpresa e candore. Ora posso dire di essere un uomo nuovo, forgiato dal maglio delle asperità. Ho spesso osservato la grande pressa che si trova di fronte alla stazione di Terni, la mia città natale, considerandola un simbolo. In fondo, tutti abbiamo vissuto qualcosa che ha tentato di piegarci o stritolarci, ma la vita è andata avanti, modificandoci, elevandoci, facendoci fare appello a quelle risorse inaspettate di cui parlavo prima. Oggi ho avuto modo di riflettere. Sono giorni che questi concetti mi ronzano per la testa. Correggendo il romanzo, ho avuto l'opportunità di scegliere le mie considerazioni. Resistere alle intemperie è fondamentale. Tutti, prima o poi, fanno questa esperienza. Essere al meglio delle mie possibilità mi è costato davvero tanto, ma non ho mai smesso di sperare di poterci sorridere un giorno, davanti al mare. Si cresce nel rapporto. Ci si evolve solo nella trasformazione di due individui che si siano scelti, qualunque sia la natura della relazione. Io ho scelto le persone per cui vivere. Sono uno sparuto manipolo, ma non chiedo altro. Vivo con le mie risorse, che mi indicano la via. La mia arte si genera spesso nella dimensione del piccolo. L'altro giorno, una breve sequenza di parole mi ha ispirato un brano musicale che ho poi sviluppato. Ho edificato la mia esistenza allontanandomi da molti. Se non fosse per le poche persone che amo, sarei un vero solitario. Affido questa mia pagina al vento. Forse qualcuno la leggerà, trovandola vera. C'è un sole maestoso, per chi sa attendere e resistere. Per chi sa muoversi in una notte illune, non disperando. C'è la grazia della verità, abbandonate le relazioni tossiche. Buon vento, Marineros!