Specchio
Un nuovo Agosto volge al termine. In questa estate ho camminato lieto sotto la canicola, con la mia immancabile acqua fresca nel borsello. Ho ascoltato il suono dolce della risata di mia madre, che ha saputo tornare alla sua migliore forma di benessere. Mio figlio, a tratti, per il suo temperamento caldo, mi ricorda mio padre e l'idea che una certa tensione dell'animo possa trovare casa nei gesti del nipote tanto amato mi riempie di gioia. Ho marciato sereno per vallate e greppi in compagnia di quella Donna che rappresenta l'intero viaggio del mio cuore, da quando sono nato ad ora. Lei, che sa sorridere anche quando la salita diventa impervia e riesce a dire qualcosa di divertente sebbene, affaticati, si respiri con difficoltà. Sono tornato nella mia Assisi, a lavare i suoni della mia ultima Sinfonia, sotto l'egida di un uomo straordinario, che rivoluzionò il mondo come noto fino ad allora, cui Dante dona un canto del "Paradiso", che dovrebbe rimanere scolpito nella mente di chiunque legga la "Divina Commedia". Francesco non è solo un santo per i credenti, ma una grande presenza antropologica per tutti. Un visionario. Una mente che aveva visto un mondo nuovo. Un operatore di quella pace che a distanza di otto secoli stiamo ancora disperatamente cercando di realizzare. Ho visitato due città toscane: Lucca e Siena, entrambe splendide, per diversi versi. Questa estate è stata centrata attorno al concetto di "tempo rimanente", proprio come comunica il titolo della mia ultima fatica musicale: "Symphony No. 19. Innocent - Time remaining". È investire nel proprio tempo che fa la differenza. È tutta una questione di scelte. Nella medesima durata di 60 minuti, uno può mangiare 7 cheeseburgher da Mcdonald's o può scrivere una lettera a suo figlio, nella speranza che le proprie parole gli risuonino. Nel primo caso, quella ora viene utilizzata per distruggersi, nel secondo caso per edificare se stessi e una persona che si ama. Si tratta sempre di decisioni e conseguenze delle medesime. Il tempo scorre. È il nostro patrimonio più prezioso, dovremmo scegliere di impiegarlo per fare cose buone. Preparare dei buoni pomodori per una cena. Gustare un buon tè verde freddo. Fare il punto nave della nostra vita, gettando, nero su bianco, qualche valutazione sincera su dove stiamo andando. Alla fine, l'individuo felice sarà colui il quale avrà fatto del tempo rimanente un tempo bastante per esperire la gioia e donarla generosamente. Non c'è successo, soldi, fama o gloria che tengano. La piena realizzazione, nel tempo rimanente, dopo l'ultimo colpo di coda della tempesta, è vivere nella propria frequenza, dettarsi, nei giorni, un'armonia solida ed essere buoni come una fetta di pane umbro, vigili sempre, lontani da chi premedita il male, tenuto a distanza con il piglio di Beethoven che straccia la dedica a Napoleone nel frontespizio della terza Sinfonia, "L'eroica". Il nostro deve essere aulico sdegno, tipico delle menti creative autentiche. Questo sistema crollerà. Come ho detto in diverse riprese, lo tengono in vita con la morfina. Dove saremo quando imploderà su se stesso? Chi avrà voglia di scansare le macerie? Chi sognerà un mondo giusto? Io spero di esserci, nel mio tempo bastante. Vorrei allora comporre con tutto l'amore che ho nel cuore. Per me. Per chi mi sarà vicino. Per tutti quelli che hanno rifiutato lo scempio dell'uomo che preda il suo simile. Stamani, nella mia città, un tempo piccolo gioiello incastonato fra Bologna e Modena, un ragazzo africano, alle 7, dormiva su una panchina, tutto raggomitolato. Poteva essere mio figlio, per la sua giovane età. È veramente questo il mondo che vogliamo? Io sono stufo di tutto il male che vedo, che nutre e sostanzia molti uomini, che causa sofferenze indicibili nei più sensibili. L'Umanità, però, deve ancora pronunciare il suo più sacro e fermo bisillabo: "Ba - sta". Basta con le prevaricazioni, se sei lesivo, ti tengo a una distanza tale che tu non possa nuocermi. Basta con i bambini maltrattati, offesi, denigrati, che, nella migliore delle ipotesi, trascorreranno anni a recuperare la serenità. Basta con le patologie: chi non sta bene deve essere condotto alla cura, che è lì per tutti. Basta con le tossicità: non sarà il tuo ultimo fuoristrada a salvarti dal vuoto incolmabile che percepisci quando pensi alla tua vita passata a voler diventare ricco come Bill Gates… L'altro giorno ero a Lucca, la mia compagna, con passetti piccoli e rapidi mi camminava davanti. Svolto verso una piccola piazza, osservo un lato splendido di una chiesa e penso: "L'Umanità ce l'ha sempre fatta, nonostante le innumerevoli tirannidi che si sono succedute. Ce la farà anche stavolta!". È stato un tempo bastante quello delle mie vacanze. Mi sono impegnato. Ho avuto soddisfazioni. Ho visto una croce arcana in cima al Monte Cimone, dopo ore di ascesa. Mi sono sdraiato sul prato per riposarmi, accanto alla mia Musa ed ho ascoltato la melodia semplice del vento che ci sferzava i capelli. In un altro pomeriggio, ho pensato che, operate le giuste scelte per la costruzione di quella grande architettura che è la propria identità, la vita ci permetta di essere semplici, come un bicchiere d'acqua di sorgente, come un buon caffè, come il timbro roco di un gallo che canta nella campagna. Il male non ha mai una storia nuova da raccontare. Narra sempre la stessa malia, con particolari sempre più sconvolgenti e macabri. Tante persone, per mille motivi, se ne sentono sedotte, tante altre lo subiscono, dacché non sufficientemente corazzate. Seguo una pagina Facebook incentrata su Narcisismo patologico e Dipendenza affettiva, un binomio micidiale, perché i narcisisti patologici sono dei veri sterminatori della psiche altrui, ma le persone che soffrono di dipendenza affettiva, in un masochismo senza confini, si lasciano uccidere giorno dopo giorno, parola dopo parola, non trovando la forza di uscire dall'incubo. Io, per tutte le creature che soffrono nell'anima, vorrei dire una cosa semplice, vera, che a chi sta male parrà solo una frase vuota: si può uscire dalla tempesta e tornare a vivere, con una bellezza nel cuore mai avuta prima di allora… Vorrei svegliarmi in Calcidica, davanti al mare, andare in terrazzo e trovare, davanti al caffè, la mia Donna, con i lunghi capelli sfiorati dalla brezza, mentre osserva l'alba, con un sole che nasce dal promontorio e il monte Athos in lontananza… Il mio è un grande desiderio di pace… La vita non può essere solo lotta. Tu, Viandante, hai il diritto di esperire calma e gioia, requie, con cui riposare e letizia, davanti ad una tavola imbandita per i tuoi veri amici. Io, sommessamente, vorrei ricordare a tutti che la vita è davvero un grande viaggio e il tempo rimanente potrebbe essere bastante, per ciascuna piccola o grande realizzazione che sogniamo. È necessario mettere a frutto i propri talenti. Assolutamente. Chi non lo fa si ritroverà frustrato, quando penserà di aver abbandonato quel sogno. I veri ricchi, felici, sono coloro che hanno inseguito il proprio sogno, nulla di più, nulla di meno. Io ho il sogno che le mie parole vengano lette, riconosciute buone e i miei suoni vengano eseguiti con devozione ed amore. Inoltre, mi auguro di essere sempre un uomo di valore, come dice mio figlio ed un esempio per chi mi starà vicino. Qualche volta si è la locomotiva, altre si segue, ma alla fine conta solo aver camminato. Uscire dalla gabbia. Marciare soddisfatti verso mete che ci consacrino creature di luce. Quest'anno è stato l'anno del mio romanzo, "Musa - Pensieri di un artista", disponibile su Apple e Amazon e ho avuto modo di riflettere più volte su quella grande mole di parole che forgia una prosa che rappresenta tutti i miei istanti di vita, ciò in cui credo, la speranza che nutro in un mondo diverso. Il tempo fluisce. Il tempo rimanente, per chi desidera realizzare i propri sogni, deve essere bastante. Mi sono spesso chiesto, durante la mia tempesta, quando avrei avuto la possibilità di diventare ciò che ero, in un’ottica ispirata a Nietzsche. Ho conosciuto me stesso, come recitava l’oracolo greco. Ho operato scelte per la costruzione della mia identità e di un amore per la mia Compagna che non doveva subire distorsioni. Ho tagliato fuori dalla mia vita chi non mi rispettasse. Chi si lamentava senza fare. Chi si era votato all’egoismo. Sapete cosa è successo? Non mi crederete mai… È accaduto che, nel poco rimasto, nell’essenziale cui aggrapparmi, nel piccolo di una casa minuta, con le persone giuste accanto, ho cominciato a stare bene… e vivere davvero. Allora ha avuto un senso prepararsi un minestrone. Attendere il proprio figlio per una cena. Sperare che la propria Musa stesse così bene da ridere e scherzare, con te, proprio con te che ti stavi trasformando in un essere di cristallo, capace di rifrangere la luce in meravigliose onde. La vita è andata avanti. Non sono più il ragazzo di dieci anni fa. Mi sento un uomo e penso da uomo. E devo dire che tutto ciò mi piace. Anche la mia musica e la mia prosa si sono evolute con me. Non scrivo più come nel 2008, sebbene alcuni tratti mi accompagnino da lungo tempo. Non ho cambiato prospettiva. Credo sempre nelle stesse tematiche: la trasformazione dell’individuo, la sua crescita e cura, la guarigione, il mondo fuori che è totalmente psicotico… Che poi, alla fine, tutti siamo soggetti ad una probabile psicosi, come aveva intuito, fin dall’inizio, Freud. Tutti ci possiamo ammalare. Un evento doloroso… La perdita di una persona amata… Il piano della nostra amata realtà che ci scivola da sotto i piedi… C’è un bel verso di una canzone di Vasco Rossi che dice: “La vita è tutto un equilibrio sopra la follia”. Nell’ottica della canzone, verissimo. Ma l’esistenza è tutta un equilibrio sopra la precarietà, innanzitutto. Camminiamo tutti sul ghiaccio sottile che cantarono i Pink Floyd in “The Wall”. Siamo tutti ballerini sopra il cratere del vulcano. Possiamo tutti cadere. Evidenzio inoltre che, più si è sensibili ed empatici, maggiore è il rischio di crollare, specie in questa guerra camuffata che hanno chiamato “crisi economico - finanziaria globale”... Non è facile mantenersi in asse in questi anni. Non è da tutti. Magari qualcuno, in queste ore, sta perdendo il lavoro, non ha nessuno e sarà costretto a vivere per non si sa quanto in macchina. È già accaduto. Sta accadendo. Il problema è chiedersi: per quanto ancora deve succedere? Non ci siamo stufati? Non sarebbe ora di edificare un mondo normale? “Normale” è ciò che, nella semiretta del tempo, risulta più consueto, creando appunto una norma. Sarebbe bello osservare che la norma sia trattare bene gli anziani, i bambini, accertare che non vi siano più uomini che uccidono le donne e presidenti di una nazione che non bruciano più le foreste… Il mondo è psicotico perché la gente ha dimenticato la propria missione: essere creature di luce. Oggi sono felice perché mia madre sta ricevendo la visita dei suoi due fratelli gemelli. L’ho sentita comunicare al telefono la sua sorpresa e ho sorriso. C’è una dimensione di bene che nasce dall’aver fatto tutto nel miglior modo possibile. Dall’essersi allontanati da tutti, per vedere, in modo nitido, chi e cosa conta. Dall’essersi messi in marcia verso quel grande traguardo che è la guarigione, che si edifica dentro ogni singola scelta della quotidianità, anche la più piccola, come prepararsi un ottimo tè e gustarlo mentre si riflette su quanto sia magnificente questo nostro cammino. In questo Agosto io ho visto lottare la mia Musa, contro una difficoltà atavica, quell’ostacolo contro la propria gioia che è presente nella vita di tutti, a causa del quale si soffre, nonostante si provi a star bene lo stesso. Ho molto riflettuto, su questa storia. Esistono anche problemi senza soluzione con i quali occorre imparare a convivere. Noi abbiamo provato a goderci le vacanze comunque, perché il vero combattente non è colui che vince a mani basse senza sforzo, ma chi lotta, pur sapendo che quella difficoltà, che lo attanaglia, rimarrà lì per chissà ancora quanto tempo. Tutto sta a non farsi logorare. A sorridere ad una farfalla. A bere in cima ad una montagna dalla stessa borraccia… Sono nel mio studiolo e conto le opere che ho creato quest’anno, nel 2019. Il ventilatore è acceso. Il viale alberato ha chiome verdi. Sono ancora il bambino che giocava nel giardino del suo palazzo. Ho coscienza di me, dei miei punti di forza e di ciò che posso rendere ancora più bello, per me, per presentarmi pulito e lucente al grande appuntamento col mondo. Noi umani siamo imperfetti, fragili, estremamente delicati. Basta un piccolo vetro per tagliarci. Basta una parola storta per far sanguinare la nostra psiche. Un delfino è perfetto per nuotare nell’oceano ed è felice di essere se stesso. Lo stesso per un’aquila che vola. Noi, invece, non siamo perfetti per condurre un’esistenza all’insegna della felicità e spesso ci ammaliamo, nel corpo e nello spirito, quando cessiamo di essere lieti di appartenere alla gloriosa tribù umana. L’uomo va educato alla bellezza della propria vita fin da bambino, oserei dire da quando è nel grembo materno. Noi non siamo perfetti e invincibili, anche se abbiamo imparato a correre per più di 40 chilometri. Accadono talmente tanti processi nel nostro corpo che è un miracolo che si riesca a mettere un piede davanti all’altro. Non siamo macchine. Siamo una interazione di tanti tipi diversi di cellule con cui comunichiamo costantemente a diversi livelli, con una consapevolezza variabile a seconda delle persone. L’uomo si ammala spesso, troppe volte in modo irreversibile. Biochimicamente, siamo un esperimento a dir poco complesso. Inoltre, in questa epoca, l’ambiente è così compromesso, che le malattie proliferano. Nonostante tutto, l’uomo rimane una creatura potenzialmente meravigliosa, quando vuole, quando gli è permesso esserlo, quando decide e determina il proprio destino di essere di luce. Siamo tutti in un sentiero che a tratti ci viene imposto, mentre altre volte scegliamo. Attenzione a dove mettiamo i piedi lungo la superficie del ghiaccio sottile della vita moderna, proprio come scrisse Roger Waters. Ci meritiamo il meglio, assolutamente. Ci meritiamo l’incanto. L’estasi della visione di una scintillante montagna dalla maestà suprema… Non so cosa sarei stato, se non avessi avuto la scrittura. Se non avessi deciso di vergare i miei pensieri e leggerli nero su bianco, come i miei suoni, incastonati sul pentagramma. Se lavori con costanza il ferro, prima o poi, diventi un fabbro. Se scrivi, prima o poi, diventerai un artista. Sei ciò che fai. Sei ciò che pensi. Sei la pietanza che hai preparato con amore per mangiarla con tuo figlio… Come ho scritto spesso, dato che la frase mi ha accompagnato dal 2008, Marco Aurelio diceva: “Un uomo è i suoi pensieri”. Pensieri che diventano parole oneste, pensieri che generano atti compiuti di coerenza e trasparenza. Diffidate da quelli che hanno 7 vite, segreti, azioni clandestine: non gli rimarrà che un pugno di polvere fra le mani. Coltivate la linearità, la consequenzialità, la purezza. Ne trarremo tutti beneficio. Saremo belli, di fronte a quelli che bruciano l’Amazzonia… Il compito dei sani è assai arduo. Devono contrapporsi ai barbari che proliferano. Come pochi, di fronte a molti. Come chi ama, contro chi odia. Come chi gioisce con 5 euro nel portafogli, contrapposto a chi non sarà mai in pace se non quando crederà di aver raggiunto lo status socio-economico di benestante con la Lamborghini in garage… Più di anno fa, mia madre è stata aggredita da un morbo malvagio, che a 77 anni, avrebbe potuto essere la sua condanna definitiva ad una vita di pura sofferenza. Ho lasciato la mia casa per 48 giorni e sono corso da lei, che aveva bisogno di un figlio capace di prendersi cura di lei e provare a farla stare di nuovo bene. È in quei frangenti che capisci cosa sia davvero importante, no i tweet del politico estivo. Ho abbandonato la mia esistenza in Emilia, la mia Musa che mi seguiva costantemente per conoscere l’evolversi della situazione, e mi sono ritrovato in Umbria, accanto a mio figlio che stava preparando la maturità. Occupandomi attivamente delle cose da fare, sono diventato adulto. Uomo, non senza sforzi. Ed ora voglio dire a tutti che ci meritiamo una vita bella. Mia madre è tornata alla sua normalità e sono memore della difficoltà di ogni singolo passo verso la sua cura. Non ce l’avrei fatta senza l’aiuto della mia Compagna, che mi è stata vicina per tutto il tempo. Ci si salva nel rapporto con se stessi, con il proprio partner, con il mondo: siamo esseri che vivono in relazione, non enti supremi che si nutrono da soli. Non siamo deità a se bastanti, ma in questa era abbiamo tante tossicità divinizzate. Dobbiamo spogliarci di tante sovrastrutture. Dobbiamo essere nudi, con le braccia innalzate al cielo. Solo allora la vita ci arriderà. Solo allora raccoglieremo bontà. Solo allora il mondo si accorgerà della nostra lieta novella… E saremo finalmente membri di quella grande tribù che ha partorito Bach, Kandinsky e Aristotele. Nasciamo con questa missione: individuare ciò che sappiamo fare e farlo con tutto l’amore possibile, in una naturale fusione fra ciò che è dentro e ciò che produciamo fuori da noi, fra ciò che dimora nel nostro mondo interno e la natura dei nostri comportamenti. La felicità è questa. Non un accapatoio esclusivo di chissà quale club di golf esclusivo. Di prezioso c’è solo desiderare quale tazzina da caffè ci piace di più quella mattina, per godersi una bevanda, che, quando si è felici, è migliore di qualsiasi nettare al mondo… Sono cambiato 11 anni fa. Ero stufo del dolore e non avevo più niente da perdere. Mi sono tuffato in una missione nuova, che aveva un sapore mai registrato dalle mie papille gustative. Sono avanzato grazie a tentativi. Mi ascoltavo e scrivevo. Denotavo che l’elemento X mi procurava benessere oppure che era l’ennesima riproposizione di un dato antico destinato a farmi soffrire… E scremavo così tutto quello che non era per me, per il mio benessere. Cestinavo le note sbagliate della partitura della mia esistenza. Senza rimpianti. Senza problemi. Così operando, sono giunto alle grandi tematiche esistenziali. Mi sono spogliato. Sono uscito da quella che oggi si chiama “zona di comfort”. Ho incontrato colei che sarebbe diventata la mia Musa, fonte inesausta di ispirazione. Non ero più solo. Sul mio treno, seduta accanto a me, c’era lei, di una bellezza disarmante, cui non ho resistito neanche un secondo. La nostra destinazione era incognita, ma osservavamo, dal finestrino, scenari nuovi. Lei è diventata, nel tempo, una creatura di luce. Io il suo uomo. Insieme, abbiamo deciso di vivere la nostra storia d’amore, per la quale ogni giorno mi interrogo su quale sia la frase più buffa da scriverle per augurarle il buongiorno. Abbiamo iniziato il nostro 12° anno insieme. Perennemente fidanzati. Abbracciati. Autonomi, da soli, ma fieri di essere una coppia che marcia unita verso un simbolo sopra la montagna. Questa è la mia storia. La storia di uno che, dopo la tempesta, ha deciso di dare un senso al tempo rimanente, che deve essere bastante per vivere l’idillio… Ognuno di noi, dopo ciò che lo ha fatto vacillare, si merita l’opportunità di essere felice, come individuo e pieno di gioia, come membro di una meravigliosa tribù. Io ho deciso di dire: “Ba - sta”, il bisillabo più salutare dell’universo. Spero che la mia esperienza possa fare da specchio a chi è in ricerca di qualcosa che vada oltre il paio di scarpe da ginnastica più performante della Nike. Vi auguro una domenica capace di riempirvi i sensi di Bellezza… A presto!
¡Buen viento, Marineros!