Riconoscersi
È riconoscersi che fa la differenza.
Quell'attimo di lucida follia, sussurrato dalla profondità del tuo essere, che ti fa sperare che quella persona possa essere tua compagna per sempre.
In un profumo di eternità.
In uno slancio puro, come un bambino che stringe il suo miglior compagno di giochi.
In una danza, che richiede sincerità e bontà.
Ho parlato con la mia Musa di tutto ciò.
Noi due non ci eravamo mai sentiti di nessuno, prima di conoscerci.
Eravamo in balia delle onde.
Nessuno ci aveva mai compreso, accettato, rispettato.
Quell'istante di totale partecipazione alla vita dell'altro, in cui, sul molo di un lago, riconosci quella persona come vicina a te, prossima, nei suoi percorsi mentali, nelle scelte che ti descrive aver fatto, nel sorriso che ti mostra, come chi non si è mai arreso.
Quello è il frangente in cui due identità in sviluppo si comprendono, si baciano, concependo un loro nuovo mondo, in cui sognano ci sia l'amore vero, l'abbraccio totalizzante, l'autentica comprensione reciproca.
La vita dona a chi si costruisce nell'attesa di qualcosa di grandioso.
A chi non si rassegna al dolore.
A chi vuole stare bene, comunque vadano le cose.
Il brano che ascoltate, entrando in questa pagina, l'ho scritto stamani, pensando alla mia Musa.
Ho una missione: proteggerla da tutto ciò che non è nei nostri sentieri.
Cullarla, quando si affida totalmente al suo compagno.
L'amore è una creatura delicata, che necessita di cure continue.
È quell'energia che si rinnova ad ogni risveglio, con l'intenzione di riconoscere l'altro come un'opera d'arte.
Io la riconobbi.
Sentii che danzava nel mio cosmo con armonia.
Che era buona.
Che cercava qualcuno che la apprezzasse per quella che era: una farfalla scintillante che aveva abbandonato il bozzolo da poco.
Eravamo stufi della normalità.
Non ci apparteneva.
Desideravamo qualcuno nei cui occhi fosse riflessa la nostra immagine interna.
Un altro essere umano capace di leggere la nostra storia.
Di trovarla magnifica.
Di innamorarsi dei significati insiti nei nostri silenzi.
Una persona è un grande poema e non c'è la parola fine, finché essa ricerca nuovi stadi di benessere.
La mia storia d'amore è nata nel 2008.
Avevo da poco pubblicato il mio primo racconto lungo, avevo compreso alcune dinamiche essenziali della mia vita ed ero aperto.
Lei si era isolata da tutti.
Non ne poteva più della meschinità e dell'arroganza.
Aveva scelto di occuparsi di sé.
Nel suo giardino, ad amare fiori e piante.
Nei suoi sabato mattina liberi, a fare colazione da sola in un bar con il giornale davanti.
Era decisa a star sola.
Non le faceva paura la condizione di tornare a casa e non trovare nessuno.
Determinata a non cedere più agli inganni, avrebbe continuato la sua ricerca in totale autonomia.
Poi sono arrivato io.
Io che ero a mio agio con lei.
La percepivo leale.
Io che non la facevo attendere agli appuntamenti.
Pronto, con il mio sorriso, ad ascoltarla.
Io la riconobbi.
C'era una musica nelle sue parole che era per me.
Una composizione mai ascoltata, che mi esortava a rimanere con lei.
Apprezzarla.
Ammirarla.
Avevo le mie cicatrici, che lei lesse ed interpretò, con infinita tenerezza.
Ogni giorno facevamo qualcosa insieme.
Eravamo due superstiti.
Non ci saremmo mai fatti del male volontariamente.
Questa fu la cifra dei nostri abbracci.
Io non credo che ci sia qualcosa di più bello di ascoltare una sinfonia che danza nei piccoli piedi di una ninfa.
Non immagino destino più bello di saper far ridere di gusto la propria compagna, dopo che è trascorso il tempo, dopo mille battaglie affrontate con lucidità, dopo che il grande mare della vita ha levigato le nostre sculture interne.
Ogni uomo merita una Principessa.
Nessuno escluso.
Con un vero amore, si potrebbero allontanare tante tragedie, che segnano, in modo irreversibile, l'essere umano.
Lei mi riconobbe.
Le mie parole seguivano i miei pensieri e non avevo in mente altro che la sua voce.
Noi c'eravamo, l'uno per l'altra.
Desideravamo proteggerci vicendevolmente.
Abbiamo attraversato diverse mareggiate.
Non abbiamo mai messo in discussione la bontà dell'altro.
Era già splendida.
Ora la trovo magnificente come un'interpretazione di Sviatoslav Richter.
La conobbi e mi innamorai della sua squisita gentilezza e di quel modo di scrivere così femminile, nella sua essenzialità.
Ora la guardo e la trovo perfetta per me.
Lei mi osserva e legge il mio codice interno.
È riconoscersi che fa la differenza.
Quella tensione verso l'altro che ti fa sperare di non sbagliarti più, da quel momento in poi, di fronte al suo tempio, alle sue parole vere, alle sue carezze che ti fanno sentire tutta la bontà di questo mondo.
Io l'ho vista.
Lei mi ha scelto.
Quando ci vedemmo la prima volta, lei aveva già deciso che avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per stare con me.
Mi innamorai dei suoi occhi.
Il rapporto, in tutti questi anni, ci ha modellato.
Reso migliori.
Ci ha insegnato ad amare.
La mia vita non sarebbe stata la stessa.
Lo scambio costante, quotidiano, le cene preparate con amore, hanno reso possibile che noi crescessimo.
Nessuno è una creatura a sé stante, siamo tutti figli dei rapporti che coltiviamo.
Dell'amore con cui prepariamo una tisana ad una persona cara.
Io e la mia compagna eravamo saturi della cieca stupidità che tutto ammorba.
Avevamo bisogno di intelligenza dei gesti.
Di tatto.
Di comprensione.
Di rispetto, quel rispetto di cui quasi tutti, a parole, sproloquiano, ma che dimora nei gesti di pochi.
Questa è la storia di due persone che si sono trovate, scelte, e che si scelgono ogni giorno, nonostante le turbolenze dettate dalla precarietà.
Oggi scrivo una esperienza personale, con l'auspicio che essa possa avere un respiro universale.
Buen viento, Marineros!