C’è un piccolo albero rosso in giardino. È un sommaco. Ha foglie che richiamano l’autunno, nelle loro sfumature cromatiche, dal giallo al rosso, passando per l’arancione. L’altro giorno lo stavo osservando e ho pensato a quante mani, in questo momento, si stanno unendo, come rami dello stesso albero. È da questa osservazione che è nata la poesia “Piccolo albero rosso”, “Little red tree” e quasi subito si è manifestata l’intenzione di farne una canzone, che ho immediatamente pensato in inglese. Il piccolo albero rosso può insegnarci l’arte della resistenza, di cui abbiamo tanto bisogno in questo momento. Può insegnarci l’arte della Bellezza. Ci può far scorgere un nuovo punto di vista. Sono anni che scrivo del sistema e della sua idiozia sadica, della sua barbarie sconfinata e della sua psicosi cieca, ma non mi sarei mai immaginato che saremmo giunti a questo punto in così poco tempo. È in atto una guerra fra Intelligenza e distruzione, fra voglia di stare bene senza ledere nessuno e brama di sottomissione. Fra chi ha bisogno di schiavi e chi non ha bisogno di nient’altro se non la propria libertà di persona. “Piccolo albero rosso”, “Little red tree” sono due componimenti rivoluzionari. Ho sempre pensato alla Rivoluzione, ne ho scritto molto, negli anni, ma ora è giunto il momento di combattere con Intelligenza e pace, determinazione e spirito di costruttività, contrapposta alla loro voglia di devastare, uccidere le legittime aspirazioni degli individui, marchiare come sudditi ubbidienti tutti i popoli. Noi non vogliamo questo. Non abbiamo la necessità dei loro stratagemmi. Rifiutiamo tutto ciò che vada contro la nostra autentica capacità di autodeterminazione. Noi vogliamo scoprire la nostra identità e volare alto. Vogliamo essere uomini liberi. Vogliamo godere appieno dei doni della vita. Hanno costruito, intorno all’uomo, una gabbia asfissiante, non è così che deve andare, questo non lo possiamo accettare. Si sono presi via via tutto, lasciando le persone senza speranza. Ora è il nostro momento. Ora dobbiamo innalzare un canto nuovo. Ora noi dobbiamo difendere noi stessi. Pacificamente, noi dobbiamo marciare. Belli nella nostra nudità, fieri di essere uomini e donne, liberi per le strade del mondo. Non ci hanno mai amato. Non hanno mai avuto cura di noi. Eravamo solo produttori di una ricchezza che poi si spartivano solo loro, lasciandoci, come elemosina, uno stipendio con cui provare a tirare avanti. Uno alla volta, ci hanno tradito tutti: il governo, le associazioni, i giornalisti, le televisioni, il sindacato. Ora siamo rimasti soli nella nostra volontà di essere, amare, gioire. Ora è il tempo. Forse non ce ne sarà un altro. Forse domani sarà troppo tardi. Ho pensato a lungo, ho meditato le mie parole e la parola che mi è risuonata di più in tutti questi giorni è “Schifo”. Provo disgusto per quello che hanno fatto i potenti, perché il loro è un mondo fatto di una crescente immondizia, che si accumula ovunque, con uomini coprofagi che uccidono la Bellezza, soffocandola con il fetore delle scelte contro l’Umanità. Signori miei, questa è una guerra, la più semplice ed antica del mondo: da una parte ci sono le persone, che ambiscono alla luce, dall’altra i mostri che vogliono uccidere la poesia del Genere umano felice che crea opere d’arte infinite. Siamo in trincea. Una guerra, quando è giusta, va combattuta anche da soli, ma noi non siamo soli, noi abbiamo fratelli, disseminati qua e là. Coraggio, orbene! Siamo chiamati a difendere la Terra dalla distruzione. Il pianeta e quella che è la sua vita umana e delle altre specie. Hanno costruito intorno alla persona, che, per sua natura, ambisce ad essere libera e fiera, una serie infinita di gabbie. Gabbie di pensiero. Gabbie economiche. Gabbie sociali. È ora di farla finita. O loro vincono e l’Umanità sarà schiava per i prossimi secoli o vinciamo noi e questo Pianeta sarà splendente. Uniamoci! ¡Buen viento, Marineros!
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